El Massariòl

El massariòl è la più popolare creatura dell’immaginario contadino del trevigiano, conosciuto anche con i nomi di matharol, marsiòl, salvanèl e sanguanèl.

Secondo la località è rappresentato come una specie di folletto vestito, dalla testa ai piedi, di rosso che compie burle e dispetti sia agli uomini sia agli animali.
Ad incontrarla di notte questa creatura è così dispettosa da far smarrire il malcapitato viandante per tutta la nottata medesima e la stessa cosa accade se si abbia la sfortuna di posare il piede nella peca del mazarol, l’impronta che lascia nel terreno.

Lo si può trovare lungo i corsi d’acqua, vicino le siepi o campi coltivati, dentro boschetti o grotte, nelle stalle o nelle malghe, in cima agli alberi o nei quadrivi.
La sua dote più temibile è la capacità di trasformarsi e imitare qualsiasi cosa o suono, da un ragazzo vispo ad un vecchio irsuto; diventa un bambino piangente per farsi consolare da una donna che poi importuna. Entra di notte nelle stalle per annodare la coda e i crini dei cavalli, intrecciandovi fiori e nastri. Tali grovigli sono inestricabili e solo la benedizione del prete può scioglierli senza far morire gli animali.

Gli scherzi del massariòl 

Scherzi più comuni sono la sottrazione di qualche oggetto, il lancio di sassi, l’incendio dei pagliai, l’emissione di suoni, fischi, scoppi, risate, scrosci d’acqua e versi d’animali.
L’elfo nostrano si diverte a comparire e a sparire all’improvviso davanti ai viandanti, notturni e non, ma la vera passione del folletto sono le donne. Le preferisce rosse di capelli, le bacia e le pizzica a tradimento; le spruzza d’acqua e le fa danzare in modo vorticoso fino a farle cadere a terra stordite e non ricordano più niente, questo succede anche a quelle che riesce ad attirare nella sua tana.

Lo gnomo rosso, se preso per il verso giusto, può essere anche molto simpatico e servizievole: tiene il lume acceso davanti ai carrettieri addormentati perché i buoi non finiscano fuori strada, munge le mucche ai contadini stremati dalla fatica, fa funzionare il mulino anche di notte per terminare la macina del grano in tempo, ma non vuole essere visto all’opera pena la sparizione di ogni beneficio.

Una vecchia credenza attribuisce al massariòl il merito di aver insegnato ai contadini la trasformazione dell’uva in vino e del latte in formaggio e ricotta per la quale sarebbe stato ricompensato con un nuovo vestitino rosso.

Il suo mito deve essere ricercato nella tradizione silvestre, da qui la superstizione secondo la quale, abbattendo un albero in cui dimora il folletto, questo si uccide affogandosi, e anche nei vari dipinti sull’argomento lo presentano come un custode della fauna.

“Xera de giorno, xero solo
go visto el massariolo,
el xera vestìo da dona,
os-ce che s-ciona, che s-ciona, che s-ciona.
Se lo vedo lo cognosso,
el xera vestìo de rosso,
su la testa el so capelo
co la punta suso al cielo.
E po’ el ga tirà ‘na steca
che dura sempiterna e mai se seca.”

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