I pontefici

Con il loro operato e le loro decisioni, alcuni pontefici determinarono il corso della storia di Barcon.

Papa Clemente VI

nato Pierre Roger; Rosiers-d’Égletons (Francia), 1291 – Villeneuve-lès-Avignon (Francia), 6 dicembre 1352.

Di nobile famiglia francese, Pierre Roger era entrato all’età di dieci anni nel monastero benedettino di La Chaise-Dieu (alta Loira). Aveva studiato teologia e, successivamente, insegnato a Parigi. Vescovo di Arràs (1329) e di Rouen (1330), cardinale (1338), Roger fu eletto papa il 7 maggio 1342 con il nome di Clemente VI.

Per consolidare la residenza avignonese dei papi acquistò la città da Giovanna I d’Angiò e portò a termine la costruzione del palazzo iniziata dal suo predecessore. Francesco Petrarca, che si era recato ad Avignone per implorare il ritorno del papa a Roma, così descrisse quella corte: “De l’empia Babilonia on’è fuggita – ogni vergogna, ond’oggi bene è fori, – albergo di dolor, madre d’errori – son fuggit’io per allungar la vita.” E in una lettera a un amico scrisse ancora: “Sebbene non vi trovasse albergo (ad Avignone) la fede e la carità, e di quel luogo ciò dir si possa ciò che già fu detto di Annibale: nulla essere in esso di vero, nulla di sacro, non timore di Dio, non santità dei giuramenti, non religione”. Al fosco quadro descritto dal poeta si rifecero Santa Brigida e Santa Caterina da Siena per fustigare quei papa che, come Clemente VI, rimasero sordi al richiamo di Roma.

Il papa non prestò sufficiente attenzione neppure alla delegazione romana guidata da Nicola, uomo molto carismatico a quei tempi, conosciuto da tutti col nome di Cola di Rienzo (1313 – 1354).

Si trattava di un giovane di umili origini che si impose per la passione sociale e per le idee di democrazia e giustizia, espresse con straorinario acume politico. Nonostante l’ammirazione espressa da Clemente VI, i delegati tornarono a Roma delusi e nel 1347 accettarono che fosse proprio Cola di Rienzo a governare la città con il titolo di “tributo del popolo”.

Henri Auguste Calixte César Serrur 1794-1865, ritratto di papa Clemente VI

“Ritratto di papa Clemente VI”, olio su tela, Henri Auguste César Serrure (XIX secolo)
Palazzo dei Papi, Avignone.

Spaventati dal silenzio del papa e dai successi popolari ottenuti da Cola di Rienzo, i nobili usarono prima ogni mezzo per costringerlo all’esilio, e poi lo videro uccidere ai piedi della scalinata del Campidoglio sotto Innocenzo VI (8 ottobre 1354). Clemente VI decise anche di concedere un giubileo, come richiesto da molte parti, per ridare forza e fede al popolo e al clero di Roma. Così, l’evento che si sarebbe dovuto celebrare ogni 100 anni, secondo quanto stabilito da Bonifacio VIII, ebbe scadenza cinquantennale perchè ciascuno avesse l’opportunità di viverlo due volte. Morì il 6 dicembre 1352.

Riferimento: Cronistoria

Fonte: 
Dizionario dei Papi e del Papato, Alcide Santini, 2000, ElleU Multimedia

Papa Paolo II

nato Pietro Barbo; Venezia, 23 febbraio 1417 – Roma, 26 luglio 1471.

Mino da Fiesole, Busto di Papa Paolo II Barbo 1464-70 ca, Roma Palazzo Venezia

“Busto di Papa Paolo II Barbo”, Mino da Fiesole, 1464 70 ca. Roma, Palazzo Venezia

Favorito nela carriera ecclesiastica dallo zio Eugenio IV, fu da lui nominato arcidiacono di Bologna, protonotario apostolico e cardinale (1440). Appena eletto al soglio pontificio (30 agosto 1464), prima s’impegnò a garantire il potere della collegialità dei cardinali e poi riaffermò la pienezza del primato del vescovo di Roma, concedendo in cambio ai suoi elettori delusi onori e privilegi.

Proseguendo la politica estera dei suoi predecessori, riprese la guerra contro i turchi, che avanzavano nei Balcani guidati da Maometto II (1430-1481), e fu prodigo di aiuti ai membri della famiglia Paleologo, a Mattia Corvino, Scanderbeg e Caterina di Bosnia.

Rigido nei princìpi, scomunicò nel 1466 il re di Boemia Giorgio di Podèbrady, sostenitore degli Ussiti. Represse il movimento dei “fraticelli” e ripristinò nelle basilica lateranense i canonici regolari di Sant’Agostino.

Nella lotta per il potere tra aragonesi e angioini si schierò con i primi, aiutandoli anche militarmente. Ma Ferdinando d’Aragona gli chiese la diminuzione dei tributi da pagare alla Santa Sede e la restituzione di alcune città già appartenenti al regno di Napoli.

Paolo II si rifiutò e Ferdinando gli si rivoltò contro, costringendolo ad allearsi nel 1470 con la Repubblica di Venezia, e a rafforzarsi, impadronendosi di molte terre appartenenti agli Orsini e ai Colonna nel Lazio, ai Baglioni in Umbria, agli Sforza, ai Malatesta e ai Manfredi in Romagna.

Promosse le bonifiche nelle zone paludose e malariche del Lazio. Stabilì che i giubilei venissero celebrati ogni 25 anni. Favorì iniziative per abbellire Roma facendo erigere palazzo Venezia, dove raccolse preziose collezioni di antichità.

Protesse letterati e artisti e introdusse la stampa a Roma. Ma entrò in contrasto con il Platina e Pomponio Leto, fino a sopprimere l’Accademia Romana che faceva capo al secondo, accusata di cospirare contro l’autorità papale e la religione della Chiesa. Morì improvvisamente il 26 luglio del 1471, mentre lo scultore Mino da Fiesole stava lavorando al suo monumento sepolcrale, del quale restano oggi solo alcuni frammenti.

Riferimento: Cronistoria

Fonte: 
Dizionario dei Papi e del Papato, Alcide Santini, 2000, ElleU Multimedia

Papa Alessandro VI

nato Rodrigo de Borja y Doms; Játiva (Spagna), forse 1° gennaio 1431 – Roma, 18 agosto 1503.

Papa Alessandro VI

“Ritratto di Papa Alessandro VI”, Cristofano dell’Altissimo, olio su tela, 59×44 cm, Corridoio vasariano, Firenze.

Don Rodrigo de Borja y Doms creato cardinale diacono nel 1456 e vice cancelliere della Chiesa dallo zio Callisto III, dal cumulo dei benefici ritrasse grandi ricchezze, grazie alle quali (dopo esservi quasi riuscito già nel 1484, aiutato dagli Sforza contro il partito aragonese-mediceo) fu eletto simoniacamente papa (11 ag. 1492).

Notoriamente dissoluto (da una sua amante, Vannozza Catanei, aveva avuto i figli Giovanni, Cesare, Lucrezia, Jofré e, pur pontefice, continuò la sua relazione con la bella Giulia Farnese, moglie di Orsino Orsini), fu sfacciatamente nepotista, sì da dare a sei dei suoi congiunti il cardinalato.

Politicamente dapprima oscillò, appoggiandosi ora agli Sforza, ora agli Aragonesi; di fronte alla calata in Italia di Carlo VIII di Francia, sollecitò l’aiuto di Venezia e perfino dei Turchi e si alleò con Alfonso II di Napoli; ma, minacciato in Roma stessa, aprì la città, accettando durissimi patti, ai Francesi (1494), contro i quali poi strinse lega con Venezia, Milano, Spagna e Impero (1495). Ma invano cercò (1496-97) di domare i riottosi baroni romani, tra cui gli Orsini.

La sua vita licenziosa veniva intanto bollata in Firenze da G. Savonarola, che invocava un concilio per deporre il papa “simoniaco, eretico, infedele”. Si giunse così alla minaccia dell’interdetto a Firenze da parte di Alessandro VI, e al processo e al rogo del Savonarola.

Ma sulla debole volontà di Alessandro VI, che dopo l’uccisione del figlio maggiore, duca di Gandia (1497), pensava forse a una riforma della Chiesa, influiva ora il figlio Cesare Borgia, e la politica papale fu allora tutta tesa a creargli uno stato, con alleanze, con confische di ricchezze a personaggi soppressi col veleno, e col denaro del giubileo e forse della crociata, per cui Alessandro VI pubblicò, senza successo, una bolla (1501). Il tentativo di Cesare pareva avviato al successo, quando Alessandro VI, mentre anche il figlio era malato, morì improvvisamente (non, come si disse, per veleno). Contemporaneamente, la costruzione politica di Alessandro VI e di Cesare crollava.

Ebbe fama di mecenate per aver protetto umanisti (Pomponio Leto, Aldo Manuzio, il Lascaris) e artisti, quali Antonio da Sangallo e il Pinturicchio (che affrescò tra l’altro il celebre appartamento Borgia in Vaticano).

Riferimento: Cronistoria

Fonte: Treccani

Papa Giulio II

nato Giuliano della Rovere; Albisola (SV), 5 dicembre 1443 – Roma, 21 febbraio 1513.

Papa Giulio II

“Ritratto di Giulio II”, Raffaello Sanzio (1511); olio su tavola, 108,7×81 cm
National Gallery, Londra

Si doveva più che mai uscire dalle incertezze. Bisognava schiudere al papato i nuovi orizzonti rivelati dalle scoperte di Cristoforo Colombo nel 1492. Ci volevano forza e stabilità. E i 37 cardinali (su 38) riuniti in conclave elessero il sessantenne nipote Sisto IV, Giuliano della Rovere, che assunse il nome di Giulio II.

Un papa dal carattere testimoniato da questo aneddoto. Michelangelo (1475-1564) stava lavorando a una grande statua in suo onore a Bologna. Aveva abozzato la mano destra benedicente e doveva mettergli qualcosa nella mano sinistra. Chiese allora se gl andava bene un libro, ma Giulio II rispose: “A me un libro? Mi tratti da ragazzino? Io voglio una spada”.

Macchiavelli scrisse poi di questo papa: “Ci fu un tempo in cui il più piccolo barone si credeva in diritto di disprezzare la potenza del papa: oggi essa impone rispetto al re di Francia”.

Nato ad Albissola, presso Savona, nel 1443, entrato nell’ordine francescano, all’età di 28 anni, Giuliano della Rovere era stato elevato alla porpora dallo zio Sisto IV, che gli aveva affidato il titolo di San Pietro in Vincoli.

Da cardinale, aveva dimostrato grandi capacità politiche e militari nel reprimere una rivolta in Umbria. Dopo aver molto contribuito alla elezione simoniaca di Innocenzo VIII, si era distinto sotto di lui proprio per le sue capacità militari allorchè gli aragonesi avevano attaccato lo Stato Pontificio. Si era invece tenuto un po’ da parte sotto Alessandro VI, dopo il fallimento della sua manovra di appoggiare Carlo VIII contro di lui.

Ben dotato di carattere e prestigio, Giulio II era deciso a riaffermare l’autorità politica del papato anche sul piano territoriale. Si mosse perciò come un condottiero alla giuda di un esercito, con l’intento di riconquistare alla Chiesa i molti territori che le erano stati sottratti, e cominciò con l’imprigionare in Vaticano Cesare Borgia, del quale incamerò tutti i feudi. Il Valentino riuscì però a fuggire a Napoli e in Francia, prima di essere ucciso in combattimento sotto le mura di Viana di Pamplona, nel marzo 1507, quattro anni dopo la morte del padre Alessandro VI. Una buona notizia per Giulio II, che nel frattempo aveva conquistato Perugia e Bologna guidando personalmente l’esercito vaticano e scomunicando i signori bolognesi Bentivoglio che gli resistevano. L’intera Bologna si arrese l’ 11 novembre del 1506 e lui rientrò a Roma da trionfatore.

Deciso a riconquistare le città romagnole sottratte da Venezia, nel 1509 entrò nella lega di Cambrai con Spagna, Francia e Austria contro Venezia. Ma una volta riconquistate le sue città, fece pace con i veneziani e si accordò con loro contro gli alleati di prima.

Fu allora che lanciò il famoso grido “Fuori i barbari”, con evidente riferimento ai francesi, che non avrebbero dimenticato l’affronto. Ne seguì una lotta accanita, con lo stesso papa che scalò le mura di Mirandola al culmine di un lungo assedio.

I suoi nemici però si organizzarono. I bolognesi si riappropriarono della città, abbattendo la statua erettagli da Michelangelo. A Pisa si tenne un convegno di vescovi e cardinali con il compito di esaminare la possibilità di una sua deposizione, ispirato e manovrato dietro le quinte dal re di Francia e dall’imperatore di Germania. Sebbene fiaccato da campagne e battaglie, Giulio II cercò di reagire convocando il V Concilio Lateranense, nel quale furono affrontate molte questioni, dall’unione ecclesiastica al pericolo turco. Ma la partecipazione dei prelati fu piuttosto scarsa e vi presero parte solo un centinaio di italiani, mentre le riforme tanto attese rimasero sulla carta.

Sul piano politico-militare, Giulio II promosse poi la Lega Santa tra i principi cristiani per cacciare i francesi dall’Italia. Ma l’esercito fu sconfitto nell’aprile del 1512 a Ravenna da Gastone di Foix, nipote del re di Francia, che però la sera stessa della vittoria cadde sul campo, facendo comunque sfumare le fortune francesi in Italia e consentendo i rientri degli Sforza a Milano e dei Medici a Firenze.

Fu in quel periodo che venne formato un corpo regolare, costituito dalla Guardia Svizzera, per la difesa del papa e dei palazzi pontifici. Quei diciottomila svizzeri contribuirono in modo decisivo a cacciare via i francesi dall’Italia.

L’attività politico-militare costituì il motivo fondante del papato di Giulio II, anche se i compiti di un ponteficie avrebbero dovuto essere religiosi e pastorali. Tuttavia ci fu un po’ di spazio per qualcosa di “disarmato”, in sintonia però con il suo stile forte e avventuroso: come l’istituzione di vescovadi nell’America appena scoperta da Cristoforo Colombo e la promozione di missioni nelle terre conquistate da spagnoli e portoghesi. Giulio II tentò poi con scarsissimi risultati di riunire la Chiesa russa a quella cattolica. Mitigò le pene inflitte dai tribunali dell’Inquisizione, riordinò l’ordine francescano con i due rami di minori e conventuali, proibì il duello e abrogò il barbaro ius naufragii (il diritto di spogliare i naufraghi), e condannò con decreto la simonia.

Non trascurò inoltre le arti e la cultura, accogliendo a Roma artisti di fama e sostenendoli con le casse vaticane. Ingaggiò il Bramante (1444-1514) per iniziare la costruzione dell’attuale basilica di San Pietro; Michelangelo Buonarrotti per la decorazione della Cappella Sistina e la realizzazione della grandiosa tomba di famiglia in San Pietro in Vincoli, con il grande Mosè che avrebbe incarnato la forte personalità del papa; e Raffaello Sanzio (1483-1520) per affrescare le stanze interne del palazzo apostolico. Infine, fece anche sistemare il cortile di Belvedere con l’Apollo che aveva acquistato prima ancora di essere papa.

Al momento di maturare un giudizio, non si può comunque fare a meno di notare che la politica conquistatrice di Giulio II fu sempre perseguita per conto della Chiesa e non a vantaggio della sua famiglia, come aveva fatto Alessandro VI Borgia.

Molti storici, compresi quelli di fede cattolica, si sono chiesti se con un’azione volta a riformare in modo evangelico le strutture ecclesiastiche, l’energico Giulio II non avrebbe potuto evitare lo scisma luterano ormai alle porte. Forse si, ma forse significa anche chiedere la cosa giusta alla persona sbagliata, visto che Giulio II fu soprattutto un papa generale, con in mano la spada piuttosto che una tavola di leggi religiose e spirituali.

Morì il 21 febbraio 1513 e fu appunto sepolto in quella tomba che si era fatto fare da Michelangelo.

Riferimento: Cronistoria

Fonte: 
Dizionario dei Papi e del Papato, Alcide Santini, 2000, ElleU Multimedia

Papa Pio X

nato Giuseppe Melchiorre Sarto; Riese (TV), 2 giugno 1835 – Roma, 20 agosto 1914.

Giuseppe Melchiorre Sarto nasce a Riese (Treviso) il 2 giugno 1835, dal padre Giovanni Battista, messo comunale, e dalla madre Margherita Sanson, sarta.

Dopo i primi studi nel vicino centro di Castelfranco Veneto viene accolto nel seminario di Padova. Ordinato sacerdote nel 1858 dal vescovo di Treviso, Giovanni Antonio Farina, oggi santo. Viene dapprima inviato per nove anni come cappellano nella parrocchia di Tombolo (Pd), successivamente nel 1867 come parroco nella parrocchia di Salzano (Ve).

Nel 1875 il vescovo di Treviso, Federico Maria Zinelli, lo nomina cancelliere della Curia Vescovile, direttore spirituale del Seminario e canonico della Cattedrale.

Dopo la morte del vescovo è eletto Vicario Capitolare, per amministrare la diocesi durante la vacanza della sede, fino all’arrivo del nuovo. Nel 1884 viene nominato vescovo di Mantova, diocesi allora in una situazione difficile.

Nel settembre 1893 viene elevato alla porpora cardinalizia e nominato patriarca di Venezia, dove potrà fare il suo ingresso solo alla fine del 1894 per la mancanza del placet governativo.

Alla morte di papa Leone XIII, dopo un conclave drammatico, il 3 agosto 1903 viene eletto papa con il nome di Pio X. Sceglie come motto «Instaurare omnia in Christo». Dà il via a riforme in ogni ambito della vita ecclesiale. Con fermezza difende la fede genuina dalla sua messa in crisi da parte del modernismo e della secolarizzazione.

Dopo una breve malattia muore il 20 agosto 1914. La sua causa di canonizzazione si apre nel 1923. Viene proclamato beato da papa Pio XII il 3 giugno 1951 e dichiarato santo dallo stesso papa il 29 maggio 1954. Il suo corpo si venera nella Basilica di San Pietro.

Papa Pio X, Giuseppe Sarto

Papa Pio X sul trono pontificio
fotografia di Francesco De Federicis (originale in bianco e nero).

Fonte: papapiox.it

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