Chiesa Parrocchiale
Per secoli giuspatronato della famiglia trevigiana Pola che vi eleggeva il priore, la cappella di Barcon, fu per lungo tempo unita a Fanzolo.
Il 25 giugno 1904, il priorato venne trasformato in “curazia”, il cui titolare avrebbe avuto l’incarico di adempiere a tutte le funzioni ed i compiti propri di un parroco. Il primo curato di Barcon fu don Angelo Toffoli, che provvide al restauro della piccola chiesa con la sostituzione del pavimento e l’aggiunta di due cappelle all’interno. In quell’occasione fu confermata come titolare della chiesa l’Apparizione di S. Michele Arcangelo.
Tra il 1907 e il 1908, la piccola chiesa fu raddoppiata in ampiezza, dotata di due cappelle, di un nuovo pavimento e dell’attuale facciata.
Nel 1920 il legame di dipendenza da Fanzolo fu sciolto, il beneficio curaziale fu tolto definitivamente al giuspatronato laicale dei Pola, essendo deceduto, senza eredi, il loro ultimo discendente, il conte Galvano. Il vescovo di Treviso, Andrea Giacinto Longhin, chiese ed ottenne dall’autorità pontificia la collazione del beneficio al curato del luogo. Nel 1923 la curazia divenne parrocchia a tutti gli effetti e il 7 settembre 1935, essendo parroco don Massimo Pellizzari, la chiesa venne consacrata, come attestava l’iscizione collocata all’interno sopra la porta principale d’ingresso, ora nascosta dalle canne dell’organo. In questo periodo, tra il 1923 ed il 1935, la chiesa fu interessata da altri lavori di ristrutturazione. Al 1927 risale l’affresco dell’abside raffigurante San Michele Arcangelo ed eseguito dal pittore trevigiano Gino Borsato, allora ventiduenne.
Nel 1950, su progetto dell’architetto Luigi Candiani, fu costruita l’attuale torre campanaria sul fianco ad ovest della chiesa (il vecchio campanile era situato sul lato opposto). Della relazione tra la chiesa e i Pola è memoria l’altare in marmo bianco con mensa a piramide svasata (sec. XVIII), proveniente dalla villa che i Pola avevano a Barcon. Del culto di San Biagio è documento la pala omonima dipinta nel 1887 dal castellano Vittorio Tessari.
Nel 1992 la chiesa parrocchiale fu oggetto di altri lavori di ristrutturazione che interessarono il rifacimento della pavimentazione e dei serramenti, la ricollocazione di altare e organo e la redistribuzione dei locali della sacrestìa ovest. In quell’occasione fu anche rifatto il sagrato esterno.

“Castelfranco Veneto e il suo territorio nella storia e nell’arte”
di Giampaolo Bordignon Favero 1975,
a cura della Banca Popolare di Castelfranco
Epigrafe interna, sopra la porta principale di ingresso:
« Hanc ecclesiam / D.O.M. es s. Michaeli Arcangelo dicatam / olim prioratus et ab MCMIV curatia / nuper ab anno MCMXXIII paroeciali tibulo condecoratam / Maximo Pelizzari Parocho / ex delegatione D. D. Andreae Iacinti Longhin O.M.C. Episcopi Tarvisini / D. D. Carolus Agostini Patavinus antistes / Die VII septemb. MCMXXXV / consacravit // ».
Il 7 settembre 1935 Carlo Agostini Vescovo di Padova, per delega del Vescovo di Treviso Andrea Giacinto Longhin O.M.C. (Ordo Minorum Cappuccinorum: Frati Minori Cappuccini, ndr) consacrò questa chiesa dedicata a D.O.M. (Deo Optimo Maximo: a Dio ottimo massimo, ndr) e all’Arcangelo S. Michele, un tempo priorato e curiaiza dal 1904, quindi innalzata al titolo parrocchiale dall’anno 1923, parroco Massimo Pellizzari.
Il patrimonio artistico attuale (1935, ndr) della chiesa è costituito da:
- Lapicida veneto sec. XVII: tempietto ostensoriale marmoreo con quattro colonne e cupola ad incrostazioni policrome (cm 145).
- Lapicida veneto sec. XVIII: altare in marmo bianco con due colonne, due paraste e capitelli. Mensa a piramide svasata; proveniente da Villa Pola (cm 400×212).
- Tessari V. (1887): San Biagio (olio su tela centinata firmata e datata, cm 155×103).
- Oreficeria veneta sec. XX: ostensorio neobarocco a raggera, sormontata da cherubini, con baldacchino crucigero in metallo e argento con dorature (cm 40×20).
- Argentiere tedesco 1913 (Wüsten Franz, Köln): ostensorio a reggera con applicazioni di quadrilobi e placche con tetramorfo, sormontato da globocrucigero tempestato di ametiste e agate, in argento dorato. Iscrizione intorno alla raggera: «Tabernaculum Dei cum hominibus»; iscrizione nel R/ del piede con nome dell’autore e data (cm 51×22).
- Argentiere veneto sec. XX: calice neobarocco in argento, tempestato di gemme; placche al piede con immagini delle Virtù teologali; iscrizione: «Le donne di Barcon nella missione del 1903» (cm 27,5×11,5).
- Manifattura veneta sec XIX (inizio): dalmatica e tunicella in tessuto bianco ricamato a fiori in oro, rosso, violetto e foglie verdi (cm 89).
- Artigianato veneto sec. XVIII: grande crocefisso e croce da parete, intagliati e dipinti, detto il Criston, (cm 265×165).
- Artigianato veneto sec. XVIII: crocefisso processionale, ligneo, dipinto: croce con finiture dorate alle estremità (cm 270×100).
