Per maggiori e più dettagliate informazioni:
Barcon di Vedelago. La storia che non ti aspetti
di Paolo Miotto 2023, GoPrint, Camisano Vicentino (VI)
Scopri come acquistare il libro ›
L’annessione a Fanzolo ed il giuspatronato degli Emo
Tra 1330 ed il 1450 Barcon ha pochi abitanti e rischia di scomparire, perde le proprie prerogative di chiesa campestre sacramentale ed entra nella sfera d’influenza di Fanzolo, fino a divenirne involontariamente filiale e, nel 1565, rientrare del giuspatronato della famiglia Emo.
Non esiste una documentazione ufficiale che definisca l’unione dell’oratorio di Barcon alla chiesa di Fanzolo, fu probabilmente una conseguenza dello spopolamento del villaggio e del fatto che la famiglia Emo ne possedeva dei terreni che fecero entrare Barcon nella sfera di influenza di Fanzolo.
Il giuspatronato è un istituto giuridico esistito in passato che si applicava a un beneficio ecclesiastico.
In particolare riguardava la relazione tra il beneficio e colui che aveva costituito la dote patrimoniale del beneficio stesso. Con tale diritto, ad esempio, coloro che dotavano un altare o una cappella, disponevano anche del beneficiato. Nel caso di una chiesa, chi ne promuoveva la costruzione ne diventava “patrono” e aveva il diritto di nominare il sacerdote, cui avrebbe assicurato il sostentamento.
L’arrivo dei Pola
Nel frattempo i Pola avevano iniziato la loro politica di acquisizione dei terreni della campagna trevigiana fino a far diventare Barcon il centro di controllo delle loro proprietà ed a subentrare agli Emo nel privilegio del giuspatronato sul villaggio, concessione che dal 1512 divenne ereditaria.
Ottenuto il controllo sui terreni dell’oratorio, i Pola si disinteressarono del suo mantenimento e nei secoli insediarono priori compiacenti che non ostacolassero la loro politica economica.
La difficile situazione nel 1500
Le visite pastorali che si sono susseguite nel XVI secolo, descrivono una chiesa rinnovata ed ampliata in più occasioni ma che rimaneva in sostanziale stato di abbandono. All’epoca, priori dalla dubbia condotta morale, amministravano la chiesa di Barcon disinteressandosi dello stato dell’edificio sacro ed utilizzandolo come magazzino dove stipare botti e granaglie.
D’altro canto la loro unica mansione consisteva nella celebrazione della sola messa domenicale e di quella nel giorno del santo patrono, San Michele Arcangelo. Infatti sacramenti e funerali venivano celebrati dal parroco di Fanzolo, titolare della chiesa di Barcon.
Nel 1600 il punto di rottura con Fanzolo
A Barcon il priore non aveva molte celebrazioni da svolgere ma poteva contare sulla rendita derivante dai terreni a beneficio della chiesa e dalle offerte dei fedeli.
Ad inizio del XVII secolo questa situazione non fu più ritenuta accettabile dal parroco di Fanzolo che lamentò l’eccessivo carico di lavoro cui era sottoposto, dovendo farsi carico non solo dei suoi parrocchiani, ma anche dell’amministrazione dei sacramenti ai barconesi, senza alcuna contribuzione.
I capifamiglia di Barcon si impegnarono a versare un compenso annuo al parroco che si impegnò ad amministrare i sacramenti ai fedeli barconesi, salvo poi ritornare sui suoi passi.
Ne scaturì una denuncia presso la curia di Treviso e ci volle la sentenza del vicario del vescovo dove si accoglieva l’interpellanza dei barconesi e si obbligava il parroco di Fanzolo ad amministrare i sacramenti ai fedeli di Barcon, come avevano fatto i suoi predecessori, senza ricevere alcun compenso.
La chiesa di Barcon ed il suo campanile in un disegno del 1637. Archivio privato.
L’idea di indipendenza
I rapporti con i parroci di Fanzolo non dovevano essere idilliaci se tra la gente di Barcon cominciò a crescere l’idea di rendersi indipendenti.
Verso la metà del XIX secolo la situazione subì un’accelerazione e si concretizzò l’idea di promuovere il priorato in curazia: il vescovo di Treviso autorizzò il priore alla celebrazione della messa quotidiana dichiarando però che l’oratorio aveva bisogno urgentemente di interventi di manutenzione.
Naturalmente il parroco di Fanzolo non vedeva di buon occhio la concessione di speciali prerogative ai barconesi, consapevole com’era che avrebbero potuto pregiudicare i suoi diritti parrocchiali.
Autotassandosi con questue ed elargendo offerte spontanee, in pochi mesi i fedeli di Barcon riuscirono a soddisfare le attese del vescovo e riuscirono a completare le opere di restauro all’edificio sacro.
In occasione della sua visita, il 7 maggio 1857 il vescovo impartì una particolare benedizione all’oratorio ed i fedeli la interpretarono come una consacrazione dell’edificio. Non si trattò di un’investitura perché non furono redatti documenti ufficiali e nemmeno furono predisposte la pergamena e la lapide commemorativa.
In ogni caso, incoraggiati da questa situazione, i barconesi intrapresero ulteriori opere volte a migliorare ulteriormente l’oratorio così da poter ambire al conseguimento della curazia.
Parallelamente veniva chiesto al parroco di Fanzolo il permesso di custodire l’eucarestia permanente e l’insegnamento settimanale della dottrina cristiana. Il parroco dichiarò al vescovo la propria contrarietà, affermando che venivano accampate richieste che mai furono reclamate nei quasi tre secoli nei quali il priorato era stato annesso alla parrocchia.
Le richieste di indipendenza di Barcon erano rese possibili dalla disponibilità che il vescovo dimostrò fin dalla sua entrata in diocesi nel 1850. Sensibile alla causa dei barconesi, fu lui ad indurre i frazionisti a provvedere al restauro dell’oratorio in vista del rilascio di progressivi riconoscimenti e prerogative, a scapito degli antichi privilegi che solamente il parroco di Fanzolo riteneva intoccabili.
Era l’inizio di in una lunga vertenza destinata a durare quasi settant’anni.
Le concessioni del vescovo di Treviso
Così nel 1858, sulla scorta dell’autorizzazione pontificia, del desiderio del conte Erminio Pola dei Sergi, delle suppliche dei frazionisti e del forzato adattamento alla situazione del parroco di Fanzolo, il vescovo autorizzava il priore di Barcon:
- a celebrare la messa quotidiana mantenendo a sue spese l’olio della lampada;
- a garantire la presenza dell’eucarestia con l’esposizione del Santissimo da farsi solamente previa autorizzazione del parroco;
- ad assicurare al priore l’insegnamento della dottrina cristiana, eccettuate alcune feste solenni secondo il metodo indicato dal parroco;
- a fare recitare alla fine di ogni rosario collettivo, un Pater e un’Ave a spirituale conforto della Nobile e benemerita Famiglia Pola dei Sergi;
- l’ultimo punto del decreto prevedeva il decadimento di tutte le precedenti concessioni, qualora il priore o i fedeli di Barcon avessero avanzato altre pretese o manifestato insubordinazione e mire d’indipendenza nei confronti del parroco di Fanzolo.
Lo scarso entusiasmo e l’uscita dei Pola
Con l’ingresso di un nuovo vescovo a Treviso e la morte del priore Dal Bello, il parroco di Fanzolo vide l’opportunità di riportare la situazione a proprio favore in virtù del fatto che i barconesi chiesero al nuovo vescovo ulteriori concessioni, cosa che il vescovo aveva vietato. Il parroco informò il vescovo che i fedeli di Barcon, i quali in tutti giungono appena a 3cento, lo avevano importunato a causa della soverchia connivenza del Suo Venerabile Antecessore, avendo tentata ogni via per affrancarsi dalla mia spirituale giurisdizione. Del resto, scriveva, si trattava di gente priva d’ogni mezzo e fatta eccezione per quattro o cinque famiglie, tutti son miserabili. Forse delusi dal protrarsi della vicenda e dall’uscita di scena della famiglia Pola, i fedeli persero l’entusiasmo iniziale così durante la visita pastorale del 1868, l’oratorio di Barcon si trovava in una situazione di trascuratezza inaspettata e furono consigliati dei lavori di sistemazione. Nel 1871 il priore rispondeva che tutti i lavori assegnati erano stati eseguiti, fatta eccezione per le chiavi del tabernacolo che erano ancora in ferro e non in argento per causa degli anni tristi, i quali rendono impotenti questi poveri colmellisti a far le questue a quel grado che le facevano in tempi migliori.Un nuovo slancio
Nel 1878 il cancelliere vescovile mons. Giuseppe Sarto, futuro papa Pio X, riconfermò il decreto del 1858, contribuendo ad alimentare nuove richieste ed a rafforzare l’identità della frazione.
Alcuni anni dopo uno sparuto gruppo di barconesi scrisse una lettera al vescovo ed al vicario foraneo della Pieve di Castelfranco, dove ripercorrendo le tappe fondamentali del loro tentativo di staccarsi da Fanzolo. Forse per puntare molto in alto nel tentativo di avere almeno un parte, con la missiva chiedevano che l’autorità pontificia innalzasse l’oratorio al rango di chiesa parrocchiale senza l’intermezzo della curazia.
Il vecchio priore sembrava non fosse interessato a queste nuove richieste che dovevano essere aspirazioni a cui ambivano solo i suoi fedeli.
In quegli anni alcune famiglie confinanti, dipendenti dalla Pieve di Montebelluna, ma frequentanti l’oratorio di Barcon, ebbero a lamentarsi col vescovo perché il vecchio religioso non li degnava di attenzioni, fino ad arrivare a posticipare il suono delle campane così da farli arrivare in ritardo alle celebrazioni. Dal canto suo il sacerdote dichiarava che non si curava di loro perché non contribuivano economicamente né con le offerte, né con i proventi della terra.
Il culto a San Biagio
Attorno al 1887 venne introdotto il culto devozionale a San Biagio e fatta realizzare una pala centinata dal giovane pittore castellano Vittorio Tessari.
Qualche decennio dopo, nel 1924, il parroco don Massimino Pellizzari spiegò così la nascita del culto: S. Biagio Vescovo Martire (3 febbraio) non è né patrono, né compatrono ma solo festa di devozione, con grandissimo concorso, scelta dai parrocchiani circa un cinquantennio fa, per essere stati liberati da un fiero mal di gola che avea fatto parecchi vittime nei fanciulli.
In realtà, dal registro dei defunti di quel periodo non risultano riferimenti a decessi di bambini per mal di gola.
Verso la fine del XIX secolo venne istituita una sagra paesana che attirò anche i devoti dei paesi limitrofi, bendisposti ad acquistare ogni anno il pane benedetto contro il mal di gola.
Il vescovo appoggia le richieste di autonomia
Ad inizio 1889 i barconesi ritornano alla carica col vescovo di Treviso onde parlare dei Bisogni ocorrenti per fare le Funzioni nella propria frazione, senza recarsi a Fanzolo, accusando il parroco di negligenze ed inadempienze nei confronti degli abitanti di Barcon.
Ricordando le concessioni del 1858, venne richiesto di superare il priorato spiegando che la popolazione della frazione era aumentata, che la strada che portava i fedeli di Barcon alla chiesa parrocchiale di Fanzolo era lunga e che in paese era arrivato un priore diligente che poteva essere promosso curato. La richiesta non venne accolta ma la curia di Treviso permise un’importante serie di nuove concessioni.
Nel 1889 il vescovo di Treviso effettuò una visita pastorale, venne a Barcon a sincerarsi personalmente della situazione con l’intenzione di favorirne l’autonomia e il distacco da Fanzolo. Trovò l’oratorio mancante di tutto ed in condizioni materiali non buone ed esortò i barconesi a migliorarne la manutenzione. Al parroco di Fanzolo dispiacque molto che venisse assegnato un giorno apposito per la visita a Barcon, temendo di scapitare nella sua autorità.
Gli animi si infervorano
Ad inizio del 1890 a Barcon si insediò la prima fabbriceria con il compito di provvede alla conservazione e al mantenimento dell’oratorio. Nel giugno dello stesso anno il vescovo ventilava la possibilità di erigere la curazia nei debiti modi e quando ciò sarà possibile. I fabbricieri esultarono nel sentire che Vostra Eccellenza coltiva il pio desiderio di erigere in Curazia questa nostra povera frazione da tanto tempo abbandonata da chi incombe il dovere di avere tutta la cura.
In quell’anno la disputa accese gli animi, con un costante scambio di accuse tra il parroco di Fanzolo ed i fedeli di Barcon. Il clima di esaltazione collettiva che animava i barconesi era però visto con sospetto dalla curia che evitava di incoraggiarlo troppo.
Il parroco di Fanzolo scriveva al vescovo della necessità di insegnare (al priore di Barcon) la creanza ed il rispetto dovuti al proprio Parroco poiché rifiuta l’invito di venire nella mia Canonica ed evita di salutarmi e mi fugge. Il parroco chiedeva inoltre o una promozione o una pensione di 400 lire e il ritorno dell’adempimento del decreto di Monsignor Vescovo Farina, riguardante i doveri di quel Priore, come al tempo della mia investitura Canonica. Perché ciò che fu concesso dappoi di funzioni od altro, per una deferenza, e non costituisce né l’obbligo da una parte, né diritto dall’altra.
I barconesi accusavano il parroco di seminare discordie, corrompendo persone, e per mezzo di queste, pervertire i Fabbricieri a danno di questa popolazione e del reverendo Signor Priore. Secondo i fedeli di Barcon, il parroco di Fanzolo non visitava mai gli infermi della frazione e si presentava ai soli funerali per riceverne il compenso di stola nera, a danno del priore.
Poi difendevano l’operato del priore che si prestava alla cura pastorale sollevando il parroco dalle incombenze e in cambio si cerca di calpestarlo e tendergli tranelli per gelosia […] per questi tristi dissapori e discordie tra i detti Pastori ne soffriva tutta la popolazione.
La situazione divenne sempre più insostenibile e lo scambio di accuse sempre più acceso.
Nel maggio del 1896 dalle parole si passò ai fatti: fanzolesi e barconesi vennero alle mani costringendo il sindaco e il prefetto a inviare i gendarmi per sedare il tumulto provocato, a parere del priore, dal parroco di Fanzolo perché egli non acconsentirà che i neonati vengano battezzati a Barcon se Mons. Vescovo non lo obbliga.
Lo scontro tra i due sacerdoti con al seguito le popolazioni non accennava a calmarsi ed il motivo della questione furono i battesimi. Il vescovo autorizzò il priore a battezzare i neonati a Barcon previa eseguire le registrazioni a Fanzolo ma il parroco rifiutò la cosa sostenendo che i sacramenti competevano a lui e dovevano essere impartititi solo nella parrocchiale.
Le ferme posizioni del parroco di Fanzolo aprirono il vescovo a nuove concessioni che davano sempre più indipendenza alla piccola chiesa di Barcon.
Da priorato a curazia
Nel 1903 alla notizia della rinuncia del parroco di Fanzolo, i fabbricieri fanno giungere una lettera di Angelo Toffolo, priore di Barcon, al vicario capitolare. Nel testo il priore chiedeva risposte riguardo alla loro situazione, chiedeva lo stato di curazia o almeno la concessione di altri privilegi. Se neppure queste richieste potevano essere esaudite, a scanso di nuovi disgusti e interminabili e tumultuanti reclami, assicurava di non poter più trattenere la rabbia dei fedeli di Barcon.
Su richiesta della curia vescovile di Treviso, nel 1904 il priore forniva dettagliate informazioni sui conflittuali rapporti con i fanzolesi e mons. Beccegato ritenne fondate le pretese dei barconesi per questi motivi:
- La distanza di circa 5,5 km dai confini di Barcon alla parrocchiale di Fanzolo (evidentemente i barconesi esagerarono nel fornire la distanza al monsignore);
- I molti sacrifici messi in campo dai barconesi per l’ampliamento e il mantenimento della loro chiesa;
- La presenza della canonica in buono stato e l’esistenza di un beneficio più che sufficiente al mantenimento del sacerdote che garantiva la rendita annua netta di 1.000 lire;
- L’appartenenza della località alla circoscrizione amministrativa e censuaria di Vedelago, diversa da quella di Fanzolo che dipendeva da Castelfranco;
- La presenza di un cimitero comunale che a breve sarebbe stato costruito a spese dell’amministrazione comunale di Vedelago.
Approfittando della sede parrocchiale vacante a Fanzolo, l’iter ebbe un’accelerazione e della questione fu messo al corrente il neo vescovo Andrea Giacinto Longhin, non ancora insediato a Treviso.
La situazione divenne sempre più calda con il priore ed i suoi fedeli di Barcon che, allarmati dalle voci secondo cui la trasformazione in curazia potevano sfociare in un nulla di fatto, cercarono di forzare la mano. E la cosa funzionò, tanto che il neo vescovo chiese al vicario di emettere il decreto di smembramento di Barcon da Fanzolo, in modo da dispensarmi da questo rompicapo al mio primo metter piede in Diocesi.
Il 6 aprile 1904, prima ancora di aver ottenuto la conferma dell’elevazione della chiesa, giungeva da Padova il nuovo timbro curaziale con l’iscrizione rotondeggiante S. MICHELE ARCANGELO DI BARCON.
Nel giugno del 1904 venne pubblicato il decreto di erezione della nuova curazia ed affisso alle porte di entrambe le chiese ma non fu facile placare decenni di dissapori e la curia vescovile dovette intervenire in più occasioni per dissipare le questioni in sospeso e calmare gli animi.
L’erezione della curazia venne approvata anche da papa Pio X che decise di donare alla chiesa una pianeta, un ostensorio con teca a forma di lunetta e una pisside d’argento.
Finalmente parrocchia
Nel 1920 don Massimino Pellizzari subentra a don Angelo Toffolo come curato a Barcon.
I rapporti con il parroco di Fanzolo si erano normalizzati da tempo e quello che era un piccolo oratorio fino a qualche decennio prima, era stato ampliato ed abbellito in più occasioni fino a farlo diventare una chiesa capace di ospitare l’aumentata popolazione di fedeli.
Durante una precedente visita pastorale, il vescovo Longhin, ebbe modo di constatare la edificante compostezza del popolo, che a differenza di altri paesi di questi dintorni si mantiene in devoto silenzio. […] Il buon popolo fece grandi sforzi per ingrandire la Chiesa e perché gli si facesse un cimitero proprio, e vi riuscì, onde la frazione fu eretta in Curazia, con una dipendenza da Fanzolo quasi effimera.
Nel marzo 1920 il vescovo Longhin chiedeva il nulla osta scritto per l’elevazione della parrocchia di Barcon ottenendone la conferma, considerato che la curazia era già informalmente equiparata allo stato di parrocchia.
Con l’accelerazione della procedura venne colta l’occasione di annettere alla curazia alcune famiglie di Montebelluna e di Fossalunga che frequentavano la chiesa di Barcon perché troppo lontane dalle rispettive parrocchie.
Nel dicembre 1922 arrivò il parere positivo all’elevazione in parrocchia della curazia di Barcon che il vescovo notificò al curato la separazione ufficiale dalla parrocchia di Fanzolo. Nel febbraio 1923 il priore Pellizzari viene invitato in curia per dare l’esame canonico di parroco.
Il 2 settembre 1923, Vittorio Emanuele III per grazia di Dio e per volontà della nazione Re d’Italia, visto il decreto vescovile 8 dicembre 1922, concedeva il Regio Assenso alla erezione in parrocchia autonoma del Priorato di S. Michele Arcangelo in Barcon.